venerdì 1 febbraio 2013

Il caso Monte dei Paschi e la "pelosa" difesa delle istituzioni

Per carità. Tutti in campo a difesa delle istituzioni, tutti pronti a far finta di niente, se i manager delle banche giocano alla roulette russa, la vigilanza dorme sonni profondi e i governi ripianano le perdite a colpi di nuove tasse. Certi monumeni istituzionali non si possono toccare altrimento non si fa il bene del paese, dicono. 
E così davanti alla tragicommedia del Monte dei Paschi di Siena, nella quale ogni giorno emerge qualche nuova perla nascosta mettendo tutti contro tutti e consentendo perfino a uno come Giulio Tremonti, che di certo non ha lasciato un grandissimo ricordo di sè come ministro dell'Economia, di prendersi qualche rivincita.
Ieri addirittura il Presidente della Repubblica ha deciso di affidare il solito monito allarmato al Sole 24 Ore, difendendo a spada tratta della Banca d'Italia e sottolineando, scrive il giornale delgli industriali, "il rischio che si possa offuscare di fatto l'immagine, le capacità operative e l'integrità di una delle principali istituzioni di vigilanza e garanzia del Paese, qual è la Banca d'Italia, e si possa, quindi, pericolosamente incidere sulla percezione di stabilità del nostro sistema bancario da parte dei mercati". 
Si sa che quando parla Napolitano, tutto il Pd inevitabilmente si accoda. Per cui sempre ieri sera a "Servizio Pubblico" il responsabile economico del partito, Stefano Fassina (probabilmente l'uomo più a sinistra di tutto lo schieramento e come suggerirebbe Totò "abbiamo detto tutto"), ha fatto la stessa faccia allarmata di fronte ai "gravi attacchi" all'istituto di via Nazionale che secondo lui sarebbero stati sferrati nel corso della trasmissione. 
Istituzioni a difesa di istituzioni. 
Come se al Quirinale sedesse un re per autorità divina e non un uomo eletto dopo un complicato gioco di equilibri fra i partiti, come se ai vertici del MPS o della Banca d'Italia siedessero persone indipendenti e non figure di partito, promosse dai partiti, nominate e rimosse dai partiti. Come se si potesse indicare in Italia una qualsiasi carica davvero indipendente, dall'organo di governo della magistratura alla Corte Costituzionale, dalla stampa agli incarichi internazionali passando per le finte autorità di controllo, come la Consob, o l'Authority sulla concorrenza, nel paese che vanta il mercato azionario più pericoloso per il cosiddetto "parco buoi", come vengono definiti gli incauti risparmiatori vittime di crac e bancariotte finanziarie, e la minore concorrenza possibile, grazie alle lobby delle corporazioni e agli inossidabili cartelli.
Basta vedere la distinta, ma molto distratta signora che presiedeva la vigilanza a via Nazionale e che Mario Monti, oggi leader di uno schieramento politico, ha messo alla guida della Rai senza alcuna specifica competenza. O l'avvocato targato Pd che accumulava stipendi d'oro e bonus da mille e una notte alle spalle della stabilità della terza banca italiana e che una volta scoperto il trucco, invece di essere spedito ad occuparsi del giardino della sua lussuosa residenza, è stato nominato presidente dell'Abi, l'associazione che le raccoglie tutte le banche, evidentemente soddisfatte di un simile genio della finanza.
Tutti portano su di sè il marchio di un partito, di un boss di corrente, di un politico di riferimento. Sarà un caso che poi gli scandali esplodono solo quando è troppo tardi, quando se ne occupa qualcuno dei pochi giornalisti che non deve rispondere della posizione politica del proprio editore o quando proprio non si riesce più a nascondere la polvere sotto il tappeto?
Hai voglia a difendere le istituzioni. Purtroppo sono un concetto astratto. E vengono rappresentate da facce che sarebbe meglio non vedere più. 
Non fosse altro per le pessime figure che fanno.

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