mercoledì 13 febbraio 2013

Finmeccanica e le meraviglie della stampa italiana

Il caos di Finmeccanica fa il paio con quello del Monte dei Paschi di Siena. Silvio Banana e i suoi non avevano neanche finito di festeggiare il crack della banca senese, legata a doppio filo a personaggi cardine del Partito Democratico, che nel giro di 24 ore sono arrivati una serie di missili contro i manager-spazzatura amici del centrodestra, come Paolo Scaroni dell'Eni, che è stato arrestato nel 1992 nell'inchiesta Mani Pulite, nel 1996 è stato condannato a un anno e 4 mesi per tangenti di svariate centinaia di milioni di lire italiane versate al Psi, nel 2005 è stato nominato ai vertici della più grande azienda pubblica italiana dal governo Berlusconi e oggi, perché il lupo perde il pelo ma non il vizio, è indagato dalla procura di Milano per corruzione per una presunta tangente pagata ad esponenti del governo algerino per favorire la controllata Saipem e la stessa Eni in appalti da 11 miliardi di dollari.
Come se non bastasse la polizia ha messo le manette a Giuseppe Orsi, presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, altra azienda pubblica (il Ministero dell'Economia è l'azionista di riferimento con il 30,2%) che dà lavoro a 70 mila persone. In quel posto, come lui stesso racconta al telefono intercettato dai magistrati, ce l'ha messo la Lega, anzi proprio Roberto Maroni. il quale ancora incredibilmente in corsa per le regionali in Lombardia (nonostante l'ondata di figuracce e malversamenti che hanno travolto il suo partito) annuncia querele. Anche Orsi pare che pagasse tangenti al governo indiano per farsi comprare un po' di elicotteri, pratica diffusa quella delle mazzette ai politici dei paesi meno sviluppati per il commercio di armi (uno dei motivi per cui le armi dovremmo smettere di produrle). 
Oltre a tutte le considerazioni del caso (aziende che un tempo rappresentavano l'eccellenza italiana affidate a persone assolutamente inadeguate e non proprio oneste), c'è da sottolineare anche un altro aspetto, quello della posizione della stampa italiana, di solito particolarmente appecoronata. Fra le varie intercettazioni che riguardano il galeotto Orsi ce ne sono alcune, pubblicate oggi dal Fatto Quotidiano, che puntano i riflettori sul sistema editoriale italiano, condizionato dal potere politico come non accade in nessun posto civile del globo terracqueo. Il Sole 24 Ore parla male di lui? Orsi telefona subito al nuovo presidente di Confindustria ed editore del giornale, Giorgio Squinzi, per protestare contro gli articoli del giornalista Gianni Dragoni e quello, da bravo soldatino, risponde: "Interveniamo subito, eh! Coi giornalisti è sempre un problema perché non gli puoi mai dire niente (...). Comunque faccio senz'altro l'intervento sul direttore". 
Orsi non è contento. Prima parla con il suo addetto stampa e lo obbliga a cercare di arruolare un po' di giornalisti ("pagheremo quello che ci vuole"). Finmeccanica investe fior di soldi in pubblicità e convenzioni con decine e decine di testate italiane e quindi cerca di passare all'incasso. Sempre dalle intercettazioni pubblicate dal quotidiano di Antonio Padellaro, viene fuori che lo scorso dicembre il numero uno dell'azienda concorda un'intervista al Messaggero. La "marchetta" viene affidata a uno dei vicedirettori, che una ventina d'anni fa fu radiato dall'Ordine dei Giornalisti per poi venire riammesso. Il titolo, letto a posteriori, è un capolavoro di comicità: "Finmeccanica casa di vetro, contro di soltanto bugie".
Libera stampa in libero Stato, si dice. Sì, ma da quale dei due cominciamo?

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