martedì 20 marzo 2012

Svezia, il paese normale dove la destra fa la destra senza smontare le conquiste sociali

Nella giornata in cui a Palazzo Chigi si sta decidendo di facilitare i licenziamenti per favorire l'economia (unico esempio di cura omeopatica applicato al settore), un bello speciale comparso oggi su Repubblica ci racconta di come sono bravi a far girare i soldi i paesi normali, che hanno politici normali e dove la destra è spesso più a sinistra di quei sedicenti riformisti del Partito democratico italiano. 
Si parla della Svezia, lo Stato che per un secolo ha rappresentato il perfetto compromesso fra capitalismo e socialismo, con la definizione di "modello nordico" che oggi i socialdemocratici, un po' in crisi di consensi, hanno addirittura ottenuto di poter brevettare. Nel 2006 ha vinto le elezioni il centrodestra, confermato al potere nel 2010, il quale ha ottenuto una crescita del pil che dal segno negativo è passata al +4% nel 2011, con la disoccupazione scesa al 7% della popolazione attiva e un rapporto debito/pil al 40%. 
Il governo di destra ha fatto il governo di destra: ha diminuito di dieci punti la spesa sociale (che resta comunque la più alta d'Europa dopo la Francia), ha abbassato le tasse, mantenendo comunque al 48% la pressione fiscale, anche essa la più alta d'Europa e si prepara con tutta probabilità ad aumentare l'età pensionabile. Ma non ha minimamente intaccato le storiche conquiste del Welfare, con lo Stato "balia" che si occupa dei propri cittadini "dalla culla alla tomba", nonostante in passato avesse criticato il fatto che con una simile assistenza sociale i cittadini potevano sentirsi deresponsabilizzati. Oggi lo rivendica come patrimonio nazionale. 
Il ministro dell'Economia svedese ha 43 anni, si chiama Anders Borg, porta l'orecchino e la coda di cavallo e per il Financial Times è il migliore ministro dell'economia di tutta Europa (indovinate chi era al penultimo posto? Quel gran genio del commercialista Tremonti, ovviamente, peggio di lui solo il ministro greco). 
In Svezia un parlamentare prende un terzo di quello che intascano i parlamentari italiani (57 mila contro 144 mila euro), il primo ministro guadagna 130 mila euro (il nostro ha dichiarato 1,5 milioni l'anno scorso, ha rinunciato ai 12 mila euro al mese dello stipendio da presidente del Consiglio, ma ne prende altri 25 mila al mese come senatore a vita e 35 mila di pensione). 
Non solo, ad occuparsi di sviluppo e lavoro abbiamo altri due ultramilionari prezzolati dagli istituti di credito, che dall'alto del loro bengodi predicano l'austerità alla gente che già tira la cinghia. E come se non bastasse li tiene in piedi anche il principale partito della sinistra, che come al solito fa il lavoro sporco per conto dei padroni del vapore.
Poi dicono che si è abbassato lo spread.

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