mercoledì 22 febbraio 2012

Il sobrio governo dei milionari fa tornare in auge la lotta di classe

Il più grande avversario dei comunisti, il cavalier Banana, ha aperto la strada al ritorno della lotta di classe nel nostro paese. Anzi, direi addirittura alla sua legittimazione. Che cosa pensare infatti di fronte al livello dei guadagni degli attuali ministri del sobrio governo, che hanno finalmente messo on-line con una certa riluttanza tutte le voci della loro dichiarazione dei redditi? 
Salutata come una novità (ma non lo è granché, visto che se fossero stati dei parlamentari come i loro predecessori i loro redditi sarebbero stati comunque pubblici), la sfilza delle ricchezze possedute dai tecnici fa una certa impressione. Questo gruppo di autonominati guadagna in un anno dai 120 mila euro del più povero (il cattolicissimo Andrea Riccardi che però da ministro supererà i 200 mila) fino ai sette milioni del più ricco, la principessa del Foro Paola Severino, che ha nel suo portafoglio altri 4 milioni di euro di titoli e la proprietà di tre o quattro appartamenti principeschi, passando per i 3,5 milioni del banchiere Corrado Passera.  
Si tratta davvero di livelli giusti per dei professionisti, quasi tutti beneficiari di incarichi o consulenze pubbliche, visto che poi sono loro quelli che dovrebbero decidere del futuro di milioni di famiglie ridotte alla canna del gas? Qualche illustre commentatore che guadagna come loro ci avverte subito che l'invidia è una brutta bestia e che l'ideologia, bontà loro, fa male alla pelle. Ma al di là dell'invidia, pure legittima tutto sommato perché questa è gente che appartiene a una specifica classe per diritto di nascita più che per meriti propri, quando qualcuno non ha i soldi per poter portare la famiglia a mangiare una pizza e si sente chiedere dei sacrifici da un presidente del Consiglio che guadagna 1 milione e mezzo di euro, è proprietario di mezza Varese, con case a Milano e Bruxelles e ha 11 milioni di euro investiti in titoli, hai voglia ad avvertirlo che sta ricadendo nell'ideologia. 
Uno si incazza e basta, anche se non ha letto Marx.

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