lunedì 30 gennaio 2012

Napolitano in crisi insieme a tutti i partiti: "Colpa di internet!"

Ormai i fischi li becca anche lui e mi sa che ci deve essere rimasto male. Dopo che tutta la stampa amica gli ha fatto credere di essere il salvatore della patria, il garante delle costituzione e tutte queste altre belle definizioni che lasciano il tempo che trovano se confrontate con la realtà dei fatti (il paese è allo sbando e questo presidente ha il primato di leggi incostituzionali firmate e poi bocciate), Giorgio Napolitano comincia a capire che la gente non considera granché attendibile neanche la sua figura.

Oggi, tutto bello in toga viola, era a Bologna per ricevere la laurea ad honorem in "relazioni internazionali". Chissà cosa intendevano sottolineare coloro che gli hanno conferito questo riconoscimento, forse un omaggio ai tempi in cui inneggiava ai carri armati sovietici in Ungheria. Fatto sta che invece della solita folla di vecchi e bambini venuti a vedere il presepe di Stato, ha beccato un gruppo di studenti universitari, forse gli "sfigati" a cui faceva riferimento il vice ministro figlio di papà e cocco della Luiss, che lo hanno pesantemente contestato. 
Dentro all'Ateneo la casta, col presidente e tutta la baronìa, fuori i giovani, laureati e naturalmente senza lavoro, perché non sono figli di nessuno. Neanche a dirlo, la polizia, che davanti a tassisti e camionisti aveva fatto pippa (come si dice in maniera colorita a Roma), stavolta ha preso subito il manganello, ha menato a destra e a manca, picchiando anche un cronista di Repubblica e identificando decine di persone, molte delle quali passavano di lì per caso. 

Il presidente non ha mancato di donarci un po' dei suoi celebri moniti. Sono ''inammissibili''  le proteste che vanno oltre la ''legalità''. E ancora: "Dei partiti, come della politica, bisogna avere una visione non demoniaca, ma razionale e realistica" e, mi raccomando bambini, per superare la crisi di fiducia dei partiti e della politica "non si prenda l'abbaglio di ritenere che la soluzione sia offerta dal miracolo delle nuove tecnologie informatiche, dall'avvento della Rete".
Roba da restare a bocca aperta. 
Il presidente che, pochi lo ricordano, fu "digerito" da Silvio Berlusconi (i suoi non lo avrebbero mai nominato, fra gli ex Pci stava sul culo a parecchi), e da quasi sei anni vigila sulle attività di un parlamento che ha il record mondiale dei pregiudicati, condannati in vario grado, indagati e sotto mandati di cattura, oggi ci parla di legalità. Il presidente che ha cancellato i partiti, mettendo il governo nelle mani di un gruppo di tecnici autoreferenziali, chiede di aver fiducia nei partiti. E come il vecchio che è, dà pure la colpa a Internet.

Un classico. Alla stregua di tutti i politici, teme moltissimo che la gente cominci a ragionare con la propria testa. Per lui, Berlusconi, Monti e quella sequela di altri innominabili pagliacci che vanno da Bossi ai vertici del Pd, passando per i reduci della Democrazia Cristiana, significherebbe il sacrosanto e definitivo pensionamento. 
Poi ti ci voglio a fare i moniti alla bocciofila. I vecchietti sono molto più incazzati e pericolosi degli indignados.

venerdì 27 gennaio 2012

La banda del Vaticano e il monsignore onesto

La banda della Magliana dei bei tempi e il clan dei Casamonica di oggi non riusciranno mai a emulare la millenaria storia di intrighi che da sempre è il pane quotidiano della nostra beneamata Chiesa. Mettete un prete, monsignor Carlo Maria Viganò, arcivescovo, alla guida dell’ente che controlla le gare e gli appalti del Vaticano. Mettete che quello, magari un po' ingenuo, si scopra tuttavia sorprendentemente onesto. E mettete anche che scriva tutto nero su bianco raccontando gli sprechi e le spese folli di una gestione che verrebbe giudicata eccessiva anche  dai peggiori dissipatori di denaro pubblico (perché quello delle casse del Vaticano tale è). Cosa pensate che gli possa succedere? Arriva il papa tedesco e lo trasferisce a Washington. 

La notizia la tira fuori una tramissione di La7, Gli Intoccabili, condotta da Gianluigi Nuzzi, nella quale viene citata una lettera al papa, del marzo 2011, attribuita a monsignor Viganò, all’epoca segretario generale del Governatorato vaticano, in cui il prelato denunciava il malaffare, i prezzi gonfiati, la “corruzione” in appalti e forniture. Affidati sempre alle stesse ditte, a costi raddoppiati e senza trasparenza nella gestione. Nella lettera è citato il “comitato finanza e gestione” creato per porre rimedio alla grave situazione finanziaria del Governatorato, comitato “composto da alcuni grandi banchieri, i quali sono risultati fare più il loro interesse che i nostri”. E si parla di una sola operazione finanziaria che, nel dicembre 2009, avrebbe mandato in fumo due milioni e mezzo di dollari. Come membri del comitato, la trasmissione di Nuzzi ha chiamato in causa i banchieri Pellegrino Capaldo, Carlo Fratta Pasini, Ettore Gotti Tedeschi e Massimo Ponzellini.
Apriti cielo, è proprio il caso di dire. Padre Federico Lombardi, portavoce vaticano, annuncia querele negando che  gli organismi della Santa sede siano “caratterizzati in profondità da liti, divisioni e lotte di interessi” (figuriamoci, e quando mai) e il trasferimento di monsignor Viganò alla Nunziatura di Washington “è prova di indubitabile stima e fiducia da parte del Papa" (peccato che il monsignore avesse espressamente chiesto di non essere spedito oltreoceano).

Oggi torna sulla storia il Fatto Quotidiano, pubblicando una lettera inviata da Viganò al segretario di Stato vaticano, monsignor Tarcisio Bertone, nella quale si scoperchia il vaso di Pandora: furti nelle ville pontificie coperti dal direttore dei Musei Vaticani,  fatture contraffatte all’Università Lateranense a conoscenza addirittura del presidente del Pontificio Consiglio per l’evangelizzazione, gli interessi di un monsignore in una società che fa affari con il Vaticano ed è inadempiente per 2,2 milioni di euro, ammanchi per centinaia di migliaia di euro all’Apsa (organismo che si occupa del patrimonio della Santa Sede) e frodi all’Osservatore Romano. L’arcivescovo onesto aveva trovato nel 2009 una perdita di 8 milioni di euro e aveva lasciato al Governatorato nel 2010 un guadagno di 22 milioni (34 milioni secondo altri calcoli). Questo non gli è servito a evitare una dura campagna diffamatoria contro di lui passata anche attraverso le pagine del Giornale e il trasferimento nella capitale americana.
Tiè, mandace 'na cartolina

mercoledì 25 gennaio 2012

Siete sfigati? No, se vi iscrivete alla casta della Luiss

   La sparata del viceministro Michel Martone contro gli studenti "sfigati" che si laureano a 28 anni e per questo poi non trovano lavoro ha riproposto con veemenza la solita questione di classe, che in questo paese dalla democrazia sospesa e approssimativa non è stata mai risolta. Le oligarchie che da sempre governano lo stivale non intendono mollare la presa e per questo ripropongono la solita tesi dei buoni salotti borghesi di 50 anni fa, quelli in cui, signora mia, si diceva che il figlio dell'operaio doveva continuare a fare l'operaio. 

    Questi distinti signori dai doppi o tripli cognomi e dai nomi esotici hanno ovviamente bisogno di una classe inferiore che continui a produrre, consumare e crepare (magari senza assistenza sanitaria) per poter conservare il timone del comando. In questo gioco di basso potere gioca un ruolo di rilievo una delle caste del nostro paese, quella dei rampolli figli di papà che frequentano le università private, quelle cattoliche e quelle della Confindustria, come la Luiss, presieduta da una vera icona della cultura italiana, Emma Marcegaglia, altra figlia di papà. Alunni, ex alunni, professori fanno parte di una specie di massoneria che si autocelebra e autodifende. 

    Inutile dire che Martone, oltre a essere un pubblico funzionario, è anche professore dell'università romana. E infatti, fra le poche voci che si sono alzate a sua difesa ci sono quelle dei suoi sodali. come quella dell'amministratore delegato della Luiss, Pierluigi Celli, ex direttore generale della Rai in quota centrosinistra, che qualche tempo fa sollevò un polverone con una ipocrita lettera aperta al figlio nel quale lo invitava a lasciare l'Italia viste le scarse opportunità di lavoro. Non ci crederete ma il figlio è stato assunto dalla Ferrari da Luca Cordero di Montezemolo, ex presidente della Confindustria e quindi "azionista" dell'ateneo di Celli, che ha trovato posto anche al rampollo di Luigi Bisignani, deus ex machina della P3. Poi uno si chiede perché le "rosse" non vincono più.

    La Luiss funziona così: se hai una famiglia disposta a pagare sei-sette mila euro l'anno per mantenerti agli studi, per almeno cinque anni, più magari altri due di specializzazioni varie, hai buone probabilità di trovare lavoro, perché gli amici si ricordano sempre degli amici. Naturalmente la "loggia" ha i suoi bei rappresentanti anche nel governo, sobrio, ma anche molto borghese e reazionario, con Paola Severino, ordinario di diritto penale e oggi ministro della Giustizia, Antonio Catricalà, docente di Diritto dei consumatori (!), oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il ministro degli affari europei, Enzo Moavero Milanesi e il nuovo sottosegretario al ministro dell'interno, Saverio Ruperto, oltre al mitico Michel ma belle.

   Oggi il figlio di papà ritorna sui suoi passi, ammette di aver esagerato, ma dice che il problema esiste. E infatti è vero. Non sono i 28 anni il problema. Sono i soldi per pagare gli studi da versare alla Confindustria. Li avete? No? Siete davvero degli sfigati.

martedì 24 gennaio 2012

Martone è il nuovo Brunetta: "Chi si laurea a 28 anni è uno sfigato". Il sobrio governo dei figli di papà

Malgrado la sobrietà del premier, Mario Monti, che quando parla ci mette dentro quei sette-otto termini in inglese tanto per confondere le acque e far sembrare la cosa seria, ogni tanto dalla compagine del suo governo escono fuori in modo clamoroso i fantasmi del recentissimo passato. 
Cosa pensare infatti del ministro-madonnina Elsa Fornero, che in un momento di catastrofica crisi economica con migliaia di aziende che stanno per affrontare pesantissime ristrutturazioni (leggi licenziamenti) propone l'abolizione della cassa integrazione straordinaria e dice che non ci sono soldi per gli ammortizzatori sociali? Un approccio alla sudamericana dell'epoca delle dittature militari, perché ormai anche in Sudamerica si è cambiato parecchio rotta. 
E che cosa dire del vice ministro Michel Martone, definito da tutti l'uomo di Brunetta, visto che il ministro più alto che intelligente ha offerto a lui una bella consulenza e al padre Antonio, ex avvocato generale della Cassazione, la presidenza della Commissione per l’integrità, la valutazione, la trasparenza delle amministrazioni pubbliche? Oggi, approfittando della sua cattedra di professore ordinario a soli 35 anni (però all'Universita' di Teramo, non esattamente la Sorbona), ha preso bellamente in giro gli studenti che, purtroppo, non sono figli di suo padre.
"Dobbiamo dire ai nostri giovani che se a 28 anni non sei ancora laureato sei uno sfigato, se decidi di fare un istituto tecnico professionale sei bravo. Essere secchione è bello, almeno hai fatto qualcosa", ha detto il genio parlando a un convegno della Regione Lazio, sostenendo di voler lanciare un "messaggio chiaro ai giovani".
E sai che messaggio. E' la solita pippa. Se non c'hai papà che paga e che magari c'ha gli amici giusti è meglio che ti impari zappatore. 
Gli amici giusti? La vecchia ghenga socialista. Il ragazzo infatti è membro della Fondazione Craxi, il padre Antonio, giudice ex presidente della Commissione di vigilanza sugli scioperi nei servizi pubblici, definito dall'Espresso "frequentatore dello studio Previti", è stato recentemente messo a riposo dal CSM per aver partecipato a un pranzo della "cricca" della P3. Il babbo pare abbia aiutato molto il figlio nella sua folgorante carriera, grazie alle sue potenti amicizie, nel tipico stile dell'Italia che produce (interessi). E ora il figlio pretende anche di mettersi in cattedra e ripeterci la solita lezioncina classista. Del resto, quando è stato niminato al governo, aveva detto che la sua priorità sarebbero stati i giovani e non si è smentito: ha subito sparato contro di loro, tanto per non perdere l'abitudine.
Ma un minimo di decenza, mai?

lunedì 23 gennaio 2012

Governo e liberalizzazioni: ha senso scatenare la guerra quando non si hanno i voti per fare un tubo?

Negli ultimi tempi ho scritto poco su questo blog. Il governo del nano miliardario ridens era veramente quanto di peggio si sia mai riusciti a esprimere in questo paese di santi e navigatori che si schiantano sugli scogli in una serata di luna piena e bonaccia. Però si rideva un sacco. Adesso è come se ci stessero presentando il conto e l'aria assume quella densità irrespirabile che ha sempre caratterizzato le società complesse un attimo prima della catastrofe.
Di fronte ai tassisti, ai camionisti, ai commercianti, ai giornalai, ai farmacisti e a tutte le altre corporazioni che scioperano, ci si chiede davvero che senso abbiano le liberalizzazioni annunciate dal governo, già di molto annacquate dopo la prima versione, ma assolutamente irrealizzabili. Tutti coloro che appoggiano il governo di Mario Monti (che parla bene inglese malgrado un accento terribilmente meccanico, ma almeno non ci fa fare brutta figura alla Borsa di Londra e questo, ahimè, sembra anche l'unico pregio) sembrano aver completamente dimenticato che questo signore autonominato non dispone di una maggioranza che sia in grado di fare nulla di più di un paio di manovre lacrime e sangue che taglino senza pietà a destra e sinistra, lasciando possibilmente tutti scontenti. 
Che senso ha promettere tutte quelle belle cose per rilanciare l'economia, sapendo di non aver un euro da investire, nè qualche voto parlamentare da spendere? Chi si schiererà in aula contro i camionisti infuriati, i tassinari amici del duce, gli edicolanti, i proprietari di farmacie e i benzinai, tutti sul piede di guerra? Che senso ha scatenare l'inferno, quando si sa benissimo che certe cose resteranno nel libro dei sogni? E infine la dichiarazione di guerra contro queste categorie di perenni intoccabili (che tuttavia non hanno proprio tutti i torti, visto che hanno dovuto barcamenarsi in un gioco privo di regole) non servirà forse a fare definitivamente a pezzi i soliti noti di dipendenti salariati e pensionati? 
A guardare le case, le abitudini, i nomi di famiglia, le facce e i curriculum dei ministri del governo "tecnico" qualche dubbio viene.

giovedì 12 gennaio 2012

Democrazia sospesa: la Camera salva Nick 'o Americano e la Consulta boccia i referendum

Il presidente Giorgio Napolitano, che da tradizione giornalistica non parla ma dispensa "moniti", ha accusato di "grave leggerezza" coloro che di fronte al capolavoro del governo tecnico che istituzionalizza il conflitto di interessi nella politica italiana (prima appannaggio del solo presidente del Consiglio) hanno osato parlare di "democrazia sospesa". Ma in una giornata come questa, in cui la Camera salva per l'ennesima volta un parlamentare dalle manette grazie al solito mercato delle vacche dei voti e la massima autorità giudiziaria cancella la richiesta di partecipazione di milioni di cittadini che hanno firmato i referendum sulla legge elettorale, che altro si potrebbe commentare?
E' chiaro che le due mosse sono strettamente politiche e servono a mantenere in piedi il sobrio esecutivo dei tortellini e del cotechino con lenticchie, in modo che possa completare il suo operato in favore degli amici. 
I soliti accattoni della Lega hanno fatto la voce grossa contro Nicola Cosentino, detto "Nick 'o americano", inseguito dalla magistratura per le sue collusioni con la camorra, la criminalità organizzata più sanguinaria del mondo, e invece oggi hanno fatto i soliti pesci in barile assieme alla solita pattuglia di radicali, fedeli nei secoli a questioni di principio a volte discutibili (e sempre preoccupati per i finanziamenti alla loro emittente, anche di recente confermati). Risultato, l'ex sottosegretario all'economia (poi dice che c'è la crisi)  resta libero e bello e la stampa internazionale torna a fare titoli sull'Italia che c'ha i mafiosi in Parlamento (e che volete farci, 'sta cosa oltre confine non va proprio giù). 
Non passano neanche due ore e arriva un'altra bella botta, peraltro largamente annunciata: la Corte Costituzionale ha detto no a entrambi i quesiti del referendum per l'abrogazione del Porcellum, la legge elettorale partorita da una delle menti migliori del paese, Roberto Calderoli detto per l'appunto "il Porco". Si dice che le sentenze non si commentano, ma come al solito diversi giornali hanno scritto da giorni che sarebbe andata così, fornendo anche i numeri dei giudici a favore e di quelli contrari. Probabilmente perché era molto chiaro che in caso di referendum, che avrebbe ottenuto una vittoria schiacciante, se ne sarebbero andati tutti a casa, da Monti ai suoi tecnici, da Berlusconi a suoi gasparros, da Bersani alla sua debole opposizione, fino ai radicali che si spera in futuro non ottengano altre grazie come quella concessa da Veltroni che li ha riportati in Parlamento.
La nostra democrazia non sarà sospesa, ma quantomeno molto, molto approssimativa.

martedì 10 gennaio 2012

Malinconico e a sua insaputa: cade il primo impresentabile del governo

Lui si chiama, un po' fantozzianamente, Carlo Malinconico Castriota Scanderbeg ed è uno dei "tecnici" voluti dal presidente del Consiglio, Mario Monti, che in comune con tutti gli altri ha il nome altisonante (e la dichiarazione dei redditi milionaria). Ex funzionario pubblico sotto tutte le bandiere e presidente della Federazione italiana editori, questo non gli è bastato per non farsi pagare una vacanza all'Argentario dall'imprenditore Francesco De Vito Piscicelli, quel "mostro" che in un'intercettazione telefonica tutta Italia ha sentito ridere del terremoto in Abruzzo, in vista dei succulenti appalti che ne sarebbero derivati. Come un parvenu qualsiasi, il nostro ha accettato un soggiorno all'hotel Pellicano di Porto Ercole per un valore di circa 20 mila euro. Oggi parla di vacanze pagate "a sua insaputa", dimostrando la stessa raffinata eleganza dell'ex ministro Claudio Scajola quando fu scoperto con le mani nella marmellata del suo appartamento vista Colosseo. Del resto, si sa, fanno tutti così. Prenotano una suite da un migliaio di euro al giorno in un albergo extralusso e poi si dimenticano di pagare il conto. 
Costretto alle dimissioni, molto malinconiche,  l'uomo dai tre cognomi è il primo a cadere nella polvere. La cosa più divertente è che le vacanze dell'ormai ex sottosegretario erano "chiacchierate" già dal 2010 grazie ad uno scoop di Repubblica. Lo stesso giornale che oggi, schierato com'è a favore del governo Monti, ha preferito aspettare che sulla storia ci tornasse Il Fatto Quotidiano, prima di ricordarsi che sì... il personaggio aveva qualche scheletro nell'armadio. Un'altra grande pagina di giornalismo italiano.

lunedì 9 gennaio 2012

La Chiesa, la mafia, il riciclaggio: le promesse da prete di papa Ratzinger

Alla fine di dicembre dello scorso anno, papa Benedetto XVI, proprio quello che oggi invoca una "nuova etica" nella finanza internazionale, aveva promulgato una legge vaticana contro il riciclaggio del denaro sporco e il finanziamento del terrorismo, nominando una nuova autorità di informazione finanziaria pontificia per collaborare con la polizia e le autorità degli altri Stati. Sembra incredibile, ma è proprio così. Il papa tedesco è stato costretto a fare questa mossa perché l'Istituto per le Opere Religiose, la famigerata banca vaticana, era considerato in tutto il mondo il posto ideale dove depositare il denaro sporco. Da quelle casse, negli anni d'oro della prima Repubblica e del dominio incontrastato di monsignor Josef Marcinkus è passato di tutto, dai conti correnti segreti di tanti politici ai fondi della madre di tutte le tangenti (Enimont), dal denaro del traffico di cocaina e armi, trasformato in finanziamenti agli squadroni paramiliatri dell'America Latina, fino ai soldi della Banda della Magliana, che Oltretevere godeva di grandissimi appoggi.
Finita la pacchia? Ma neanche per sogno. Ratzinger ha messo alla guida dello Ior uno strano signore, che in questi mesi ha parlato di tutto, dalla sua singolare teoria secondo la quale bisogna fare più figli per combattere la crisi (in modo che vadano a fare loro quei lavori che oggi sono appannaggio esclusivo degli immigrati), fino a scagliarsi contro la possibilità di una patrimoniale, perché i suoi clienti evidentemente verrebbero colpiti alla grande, ma ha taciuto in modo sistematico sulle grandi questioni che investono l'Istituto. 
Oggi, un'inchiesta di Repubblica-Espresso ci racconta che la procura di Roma ha inviato tra il 2002 e il 2008 tre rogatorie al Vaticano per ricostruire il flusso di denaro della mafia transitato su alcuni conti segreti dello Ior, un'indagine nata da una costola del processo sulla morte di Roberto Calvi, il presidente del Banco Ambrosiano trovato impiccato a Londra nel 1982. A tutt'oggi, nessuna risposta, al punto che il 16 dicembre scorso il magistrato titolare dell'inchiesta ha scritto al neoministro della Giustizia, Paola Severino, perché si attivi ufficialmente nei confronti della Chiesa. 
Scommettiamo come andrà a finire?