mercoledì 5 ottobre 2011

Wikipedia e Treccani, la censura politica e i rigurgiti di un mondo vecchio e stanco

La chiusura per protesta del sito web di Wikipedia, che ha oscurato le sue pagine italiane per dare un assaggio di quello che potrebbe essere il web di casa nostra una volta approvata la legge bavaglio, è un danno grave. E quello che è peggio è che, a parte le tante prese di posizione a favore dell'enciclopedia on line, il caso ha dato la stura a una serie di commenti a opera dei soliti vecchi rimasugli di un mondo che non vuole proprio saperne di morire. Prendo a caso quello pubblicato da Il Tempo, ex testata gloriosa ora ridotta a un foglio di quartiere, che in un pezzullo buttato lì a caso, intitolato "Wikipedia protesta? Meglio c'è la Treccani - Torniamo all'antico, niente politica e più cultura" incarna al meglio i rigurgiti del nuovo autoritarismo. Mi ha fatto impressione perché io il discorso "la Treccani è meglio di Wikipedia" l'ho sentito fare molte volte e sempre da persone che vivevano di rendite di posizione, di ruoli scolpiti nella pietra e mai modificati nei millenni.
Il paragone è ovviamente ridicolo, soprattutto se fatto da sedicenti operatori dell'informazione. Il vaso di Pandora rappresentato da Wikipedia, con milioni di voci che rimandano a milioni di voci, che si intersecano attraverso milioni di argomenti e di fonti, giornalistiche e letterarie, ne fanno lo strumento di informazione più completo disponibile attualmente sul Pianeta Terra. Le enciclopedie sono vecchie, costosissime (Wikipedia invece è completamente gratis)  e pesanti, non sempre presentano il contenzioso, vengono aggiornate con una lentezza ottocentesca e, soprattutto, sono scritte da uomini, che potranno essere dotti e sapienti, ma sempre uomini sono, con la loro partigianeria e il loro punto di vista imposto a prescindere. Il che non vuol dire ovviamente che debbano morire. Semplicemente svolgono un altro ruolo.
Quello che fa ovviamente paura di Wikipedia non è l'approssimazione e chi se ne augura la chiusura non ha alcun interesse per la cultura. Vuole semplicemente che non si parli di politica, come recita il sommario dell'articolo del Tempo (e come recitavano i cartelli del ventennio). Sulla Treccani, tanto per fare un esempio, non ci sarà mai una pagina dedicata a tutti i processi del Presidente del Consiglio e a tutti i guai giudiziari dei suoi compagni di merende o dei leader della sua opposizione su misura. Nè la descrizione con dovizia di particolari di tutti i fattacci della cronaca e della politica internazionale, o la discografia completa, album per album, canzone per canzone, strumentista per strumentista, con annesse curiosità e anneddoti di ogni band del globo terracqueo. 
La Treccani tenetevela voi. Io per fortuna me la cavo anche con l'inglese.

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