mercoledì 6 luglio 2011

La Siae e la sua cricca di falliti all'attacco di Internet

L'AgCom ha approvato la controversa delibera per cui si è agitato tutto il popolo della Rete. Dalle prime notizie, sembra che ci sia una sostanziale marcia indietro dettata soprattutto dall'impossibilità per un branco di inetti burocrati di fare gli sceriffi del web. Pare, dicesi pare, che dalle ganasce della censura verranno esentati i siti amatoriali e che, soprattutto, non ci sarà l'oscuramento dei siti esteri (anche perché sai le risate).
Detto questo, mi ha fatto una notevole impressione la paginata pubblicitaria pagata oggi dalla Siae (Società Italiana Autorizzata in Estorsioni, come la chiamavano i Derozer, storica punk band vicentina) per esprimere il sostegno al provvedimento dell'Autorità Garante delle Comunicazioni, il quale - secondo autori ed editori italiani, ovvero fra i più scarsi del mondo occidentale - "non colpisce l’utente e non limita la sua libertà". L'invito è a tutelare i presunti 400 mila posti di lavoro dell'industria culturale, minacciati da quei bruttoni di YouTube, Google e Facebook che - sempre secondo i nostri - farebbero i miliardi alle spalle dei veri artisti
Segue una sfilza di firme con tutte le facce che meglio rappresentano il declino della nostra industria culturale. Tutti bollitissimi e ultramilionari, da Ennio Morricone a Nicola Piovani (in culo alla sinistra quando ci sono in mezzo i soldi), dai Pooh padri e figli a Gigi D'Alessio, dal solito Gino Paoli a Fred Bongusto, da Pippo Baudo a Lucio Dalla, a Carmen Consoli (ma di pagliacci da circo equestre ce ne sono molti altri, provare per credere). Tutta gente che ha le tasche strapiene di denaro e che non ha alcun interesse nella diffusione della sua arte, vuole solo che - come in una bella slot-machine - paghiate il vostro obolo ogni volta che associate un loro brano (perché magari avete simili gusti di merda) a un filmatino con le foto del battesimo di vostra figlia o delle vacanze al mare.
Per strappare soldi alla gente in passato sono riusciti a imporre il pagamento dei diritti Siae anche per le feste dei bambini. Nel 2001, la tramissione Report fece una puntata memorabile sulle tattiche di questa macchina mangiasoldi che non ha alcun interesse nella promozione della cultura, ma cerca solo di spremere come limoni gli utenti a vantaggio di pochi nomi noti (i soliti, quelli dell'appello di oggi tanto per intenderci). Mi sa che a questo giro se la prenderanno nel secchio.

Aggiornamento: dopo aver scritto questo post, ho trovato un ottimo riassunto di come questi signori si fottano allegramente i soldi pubblici, oltre a taglieggiare la gente, scritto da Guido Scorza sul Fatto Quotidiano. Leggetelo, perché è illuminante. 

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