mercoledì 6 aprile 2011

Il caso Ruby e la poliziotta in carriera.

E' durata solo dieci minuti, ma era ampiamente previsto, la prima udienza del processo contro il re del bunga-bunga, che ha visto i sostenitori delle opposte fazioni esibirsi davanti al Palazzo di Giustizia di Milano con slogan e striscioni, fra cui una gigantografia della prima pagina del Giornale di oggi con l'invito a processare la Boccassini. L'autore, tutto contento, ha spiegato all'Ansa di aver speso anche 19 euro per realizzarla. E c'è stato chi non ha mancato di ironizzare sulla squallida abitudine del premier di raccontare barzellette da osteria: "Silvio, la sai l'ultima? Che mo' so' cazzi". 
Folklore a parte, la prima giornata ha segnato solo due novità. Karima el-Mahroug, alias Ruby Rubacuori, e Giorgia Iafrate, commissario di polizia di turno in Questura che cedette alle pressioni di Palazzo Chigi, non si sono presentate come parte civile. Se per la giovane marocchina appare ovvio (farlo avrebbe significato ammettere di essersi prostituita con Berlusconi, o perlomeno a casa sua), lo stesso non si può dire della bella poliziotta "che ha salvato Berlusconi". Secondo il suo avvocato,  "é irrilevante che il capo di gabinetto quella notte abbia telefonato più volte a una giovanissima funzionaria all'inizio della sua carriera". 
A me, francamente, non sembra affatto irrilevante che un commissario (per quanto trentenne e all'inizio della carriera) si cali così le braghe accettando di commettere un reato (rilasciare una minorenne accusata di furto senza affidamento) solo perchè subisce una pressione assolutamente politica. Ma la sbirra de Frusinone aveva evidentemente intenzione di fare rapidamente carriera e probabilmente lo pensa ancora. Anche perché nessuno, come al solito, ha provveduto a mandarla a casa.

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