lunedì 24 gennaio 2011

Palestinian Papers, il sangue dei vinti e la scarsa voglia di pace di Israele.

Chissà se dopo le ultime rivelazioni di Wikileaks sul conflitto mediorientale si potrà finalmente dire che agli israeliani, di destra e di sinistra, del processo di pace non è mai fregato veramente nulla. Dallo scoppio della prima Intifada (correva l'anno 1987) ad oggi, il partito di Arafat (al Fatah) ha concesso di tutto e di più ricevendo in cambio solo morte e distruzione. Il progressivo isolamento a cui sono stati costretti i palestinesi "moderati" (quando Arafat venne in visita a Roma e fu ricevuto dal papa nel ghetto ci furono violentissime manifestazioni di protesta contro quello che veniva definito un "terrorista") e la violenza cieca dell'estrema destra ortodossa israeliana (che fece fuori Yitzakh Rabin) hanno prodotto solo ulteriori estremismi e l'affermazione politica degli integralisti di Hamas all'interno dei territori occupati.
Ora dai file diplomatici svelati dal sito di Assange emerge come l'Autorità nazionale palestinese abbia offerto segretamente a Israele "enormi concessioni" su Gerusalemme nel 2008 e nel 2009, che lo Stato ebraico ha poi rifiutato. Non solo. L'Operazione "Piombo Fuso, una vera e propria guerra scatenata dall'esercito israeliano nella striscia di Gaza tra il dicembre del 2008 e il gennaio del 2009 e costata la vita a 1.400 palestinesi, fu effettuata dopo aver preventivamente avvertito l'Autorità palestinese, che probabilmente sacrificò le vite umane dei suoi concittadini sull'altare del conflitto contro la frangia estremista di Hamas.
Un bagno di sangue dopo l'altro, senza alcun motivo e con il perenne incondizionato appoggio della comunità internazionale, preoccupata ogni volta dalle accuse di antisemitismo che piovono sulla testa di chiunque abbia il coraggio di dire che l'esercito di Tel Aviv è composto da un branco di macellai.
Ora però ci sono le carte. E quelle, per definizione, cantano.

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