venerdì 14 gennaio 2011

La Giamaica di Keith Richards.

Della recente autobiografia di Keith Richards, “Life”, ne hanno scritto in tanti, la gran parte dei quali puntando sul suo rapporto di amore e odio con Mick Jagger. In realtà il libro merita di essere letto per tanti motivi, fra i quali (per quanto mi riguarda) la passione per la “mia” isola dei Caraibi, dove i Rolling Stones si erano rifugiati quando veniva loro negato il visto per gli Usa.
"In quei giorni la Giamaica non era la Giamaica di adesso. Nel 1972 stava sbocciando. I Wailers erano stati messi sotto contratto dalla Island Records, Marley si stava appena facendo crescere le trecce. Al cinema c'era Jimmy Cliff con The Harder They Come. A Saint Ann’s Bay il pubblico sparò contro lo schermo mentre scorrevano i titoli del film, in un impeto familiare (a me) di gioia e ribellione. Lo schermo era comunque già perforato, forse per via dei western all’italiana che in quei tempi facevano furore”.
Gli Stones registrarono Goats Head Soup negli studi di Byron Lee a Kingston, i Dynamic Studios. “Era un fantastico studio a quattro piste. Sapevano in che punto la batteria suonava a perfezione e, per dimostrarlo, bang bang, avevano inchiodato lì la batteria”.
Poteva il nostro Keith non farsi contagiare dai rasta?
“Non erano molto lontani i tempi in cui la polizia passava per la strada e se vedevano due rasta sparavno al primo e lasciavano in vita il secondo perché trascinasse via il corpo. Di fronte al fuoco, era gente che non mollava: li ho sempre ammirati per questo. Il rastafarianesimo era una religione, ma una religione da fumatori, il cui principio era: ignora il loro mondo, vivi senza organizzazione societaria. Naturalmente non lo facevano, né avrebbero potuto farlo: il rastafarianesimo è una speranza molto labile. Labile, ma al tempo stesso meravigliosa”.
“Quello che veramente mi entusiasmava era che per loro non esiste te e me, esiste solo io e io, grazie a cui va a pezzi la differenza fra ciò che sei tu e ciò che sono io. Noi potremmo anche non essere mai in grado di parlare, ma io e io possiamo parlare. Siamo una sola cosa. Splendido”.

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